Mito di Marsia

Nella più antica mitologia sarebbe stata la Dea Cibele, ovvero la Magna Mater Idaea, ad inventare i flauti di cui avrebbe poi insegnato la tecnica al suo seguace il satiro Marsia. L'aulos che Marsia imparò a suonare dalla Dea Madre doveva essere in legno, probabilmente di bosso, anche se poi nelle pratiche del culto potevano essere usati anche quelli in osso o in avorio ed era composto di due parti, una conica che poggiata sulle labbra favoriva l'entrata dell'aria soffiata dal musico e l'altra cilindrica con i fori la cui ampiezza e distanza diversa permetteva l'uscita dei suoni modulati. Non era un flauto come gli strumenti a cui oggi si dà quel nome ma somigliavano più ad un moderno clarinetto ed infatti aveva l'imboccatura ad ancia. Il suono che questo strumento emetteva veniva descritto come raucus, ovvero rauco ma anche grave anche se era il ritmo che prevaleva era convulso e gli aulos frigi erano suonati in modo frenetico per ottenere una musica eccitante. Lo strumento era quindi stato "inventato" dalla Mater Idaea a fini rituali ed il primis il suo suono aveva la funzione di convocare i fedeli per lo svolgimento dei riti.
Anche Homeros nell'Inno XII assegna alla Magna Mater l'invenzione dell'aulos quando afferma che a lei "piace il fremito del flauto" e connotando il suono come "fremito" ne attesta l'uso per trarne vibrazioni capaci di accompagnare gli stati emozionali esasperati propri dei riti orgiastici.
Per comprendere la nascita del mito di Marsya occorre riandare alla versione del mito olimpico dell'invenzione dell'aulos o del diaulos da parte di Athena, invenzione che nasce quando la dea presente alla decapitazione di Medusa da parte di Perseo, sentì il lamento delle sorelle della Gorgone e ne volle riprodurre il suono e per questo inventò il diaulos, ovvero due aulos che suonati insieme emettevano un'unica melodia. Questa è la riscrittura mitica dell'origine dello strumento chiamato Tibia Phrygia o Berecynthia (tibia è il termine romano per indicare l'aulos) che appariva uno strumento doppio perchè composto di due tubi di lunghezza diseguale di cui il più lungo appariva ricurvo nella parte finale tanto da essere detto tibia ricurva o cornu, mentre il più corto era diritto.

Athena si specchia mentre suona l'aulos. Cratere apulo a figure rosse IV sec. a.C. - Museum of Fine Arts, Boston USA.

Athena si specchia mentre suona l'aulos. Cratere apulo a figure rosse IV sec. a.C. - Museum of Fine Arts, Boston USA.

La storia del dialos di Marsya divenne mitica quando egli trovò l'aulos o diaulos gettato via da Athena dopo che la dea era stata presa in giro dalle altre dee a cui si mostrava fiera mentre suonava il nuovo strumento. Per emettere i suoni anche Athena doveva usare la tecnica della respirazione circolare necessaria per poter emetter un suono continuo e questo la costringeva a riempirsi la bocca d'aria – la riserva necessaria per riempire nuovamente i polmoni – da utilizzare per l'emissione continua.
Ad un banchetto degli dei, Athena si presentò con il suo doppio flauto, fatto con osso di cervo, che iniziò a suonare riscuotendo il plauso degli altri dei, di tutti meno che Hera ed Aphrodite che ridevano sommessamente guardando Athena mentre si esibiva. Infastidita dal loro comportamento che non capiva, Athena si allontanò e riprese a suonare il suo strumento vicino ad un ruscello ma quando gli occhi le caddero sulla sua immagine riflessa nell'acqua capì: il suo bel viso era deformato dalle gote gonfiate dall'aria che tratteneva e dal colore paonazzo per lo sforzo. Irritata, gettò immediatamente il dialus e lanciò una maledizione su chi lo avesse raccolto.

Athena mentre suona l'aulos

Athena mentre suona l'aulos

Nei versi di Melanippide di Melo, aedo del V secolo a.C., così si espresse Athena: Che siate dannati, oggetti vergognosi, oltraggio del mio corpo, io non mi concedo a una simile bassezza.
Sulle ragioni che indussero Athena a gettar via l'aulos fece delle riflessioni il filosofo Aristotele che nel suo scritto sulla Politica, risolse che la dea non si era comportata in quel modo perchè irritata della deformazione del viso provocata dalle gote gonfie dell'aria necessaria per suonare lo strumento bensì perchè "l'auletica non ha nessun effetto sull'intelligenza" ambito che Athena presiedeva. La conclusione di Aristotele non poteva essere altrimenti considerando che egli era convinto che "l’aulo non serve a esprimere le qualità morali dell’uomo ma è piuttosto orgiastico sicchè bisogna usarlo in quelle determinate occasioni in cui lo spettacolo mira più alla catarsi che all’istruzione". Questo giudizio rivela quanto negli antichi il suo uso fosse connaturato ai riti orgiastici dove il suo suono in unione con quello dei timpani serviva ad eccitare l'anima ed il corpo.
Il rifiuto dell'aulo da parte di Athena era quindi dettato non da motivi estetici ma da una ragione superiore con cui riaffermava la sua vocazione come dea dell'intelligenza. Tre secoli dopo, Plutarco nella Vita di Alcibiade faceva usare allo stratega ateniese queste parole a detrimento dell'uso del flauto:

"Suonino dunque il flauto -diceva- i ragazzi tebani, che non sanno parlare; noi Ateniesi, come ci dicono i nostri padri, abbiamo Atena come fondatrice e Apollo come iniziatore della razza; di essi la prima butto via il flauto, l’altro addirittura scortico il flautista."

facendone così l'oggetto più consono a quei popoli che dovevano ritenersi inferiori.

Apollo e Marsia, attr. A Prassitele, proveniente da Mantinea 330 a.C. ca. – Museo Archeologico Nazionale di Atene EL

Apollo e Marsia, attr. A Prassitele, proveniente da Mantinea 330 a.C. ca. – Museo Archeologico Nazionale di Atene EL

Le fonti antiche, Erodoto nelle Storie in particolare, individuano il luogo dove il satiro Marsya ritrovò l'aulos di Athena nei pressi della città di Cellene in Frigia, una regione con la quale Marsya era legato dalle origini e che era frequentato, in tempi arcaici, dalla Dea Cibele ed in un tempo successivo fu una delle tante tappe del viaggio di ritorno del trionfante Dioniso dall'India. Un luogo della Frigia che era pertanto nel destino di Marsya.
Le vidende storiche avvalorano questa identità del sito; nel II millennio a.C. gli elleni erano già penetrati nei terruitori che furono dei Pelasgi e ciò che era stato della grande Dea era divenuto ambito di Athena, così fu per il diaulos di cui si raccontò l'invenzione attribuendola ad Athena e non più alla Madre Cibele; peggiore sorte toccò all'amico fidato di Cibele, Marsya, la cui purezza venne immolata sull'altare di Apollo dopo averlo trasformato in un satiro che raccolto da terra il diaulos gettato in terra da Athena e scoperto i suoni armoniosi che se ne traevano arrivò con molta impudenza, a sfidare il dio delle arti.
Ancora oggi chi giunge in quella terra sentirà parlare di Marsia perche, come racconta Senofonte nell'Anabasi, in quel luogo dove si consumò la vicenda terribile di Marsia scorre un fiume che porta il suo nome.
La storia di Marsia è quindi datata ai tempi arcaici ma è nel V secolo a.C. Che troviamo raccontate le vicende che sono il preambolo di quanto accadrà.
Pindaro nella sua XII Pitica, dedicata all'auleta agrigentino Mida vincitore nella gara di aulo nei giochi del 490 a.C., descrive l'episodio da cui si originarono i fatti: la decapitazione della Gorgone Medusa da parte di Perseo.

Bassorilievo con sfida di Apollo e Marsia  rinvenuto nell'area del Foro Olitorio e forse proveniente dal Tempio di ApolloSosiano, stile neo-attico di età adrianea – Museo Centrale Montemartini, Roma IT

Bassorilievo con sfida di Apollo e Marsia rinvenuto nell'area del Foro Olitorio e forse proveniente dal Tempio di ApolloSosiano, stile neo-attico di età adrianea – Museo Centrale Montemartini, Roma IT

"Ma quando (Athena) ... ebbe salvato l'eroe diletto, una melodia da vergine compose con tutte le voci dell'aulo, per imitare con lo strumento il lamento sonoro scaturito dalle mascelle frenetiche di Euriale. La dea la trovò e trovatala ne fece dono agli uomini mortali, la chiamò aria delle molte teste, glorioso incentivo alle gare che adunano il popolo; essa percorre il bronzo sottile e insieme le ance di canna che vive presso la citta delle Cariti dai bei cori, nel sacro recinto della ninfa Cefisia, fedeli testimoni dei coreuti."

Ma Pindaro non ha dato conto dei fatti mitici che accaddero dopo iniziando dal modo con cui Marsya entrò in possesso dell'aulos di Athena.

Prima parte: rev.0 by M.L. ©ALL RIGHTS RESERVED (Ed 1.0 - 07/04/2023)